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La nuova frontiera dellenergia
Nucleare, la centrale diventa mini
I vantaggi: costruzione sotterranea, struttura modulare, stoccaggio interno delle scorie per almeno 60 anni
La nuova frontiera dellenergia
Nucleare, la centrale diventa mini
I vantaggi: costruzione sotterranea, struttura modulare, stoccaggio interno delle scorie per almeno 60 anni
Impianto nucleare in costruzione a Gori, in Corea del sud (Afp)
Impianto nucleare in costruzione a Gori, in Corea del sud (Afp)
Nelle acque lungo le coste più a nord della Russia lanno prossimo si potrà scorgere una nave dalle strane forme squadrate: è lAkademik Lomonosov, la prima centrale nucleare imbarcata di serie uscita dai cantieri Baltic Shipyard di San Pietroburgo. Il piano di lavoro già organizzato prevede la produzione di sette navi di questo tipo entro il 2015. A bordo due reattori nucleari KLT-40 forniranno 70 Megawatt di elettricità sufficiente per alimentare una città di 200 mila abitanti. Inoltre si prevede la possibilità di installare, a seconda delle richieste, altri tipi di reattori già esistenti fino alla potenza di 325 Megawatt. La nuova flotta sarà utilizzata soprattutto nel mare Artico russo e cinque unità saranno impiegate da Gazprom per alimentare le basi offshore per lestrazione di gas e petrolio ma anche in diverse località: dalla penisola Kamchatka a zone della Repubblica Sakha secondo un accordo concluso da Rosatom, la società nucleare di Stato russa. Forse è questa liniziativa più spettacolare che rappresenta a livello internazionale linteresse sempre più consistente per le centrali nucleari di piccolo e medio taglio. Oggi ci sono almeno una quindicina di impianti di questo genere in fase avanzata di sviluppo nei Paesi più disparati: dalla Corea del Sud al Giappone, dallArgentina al Sud Africa agli Stati Uniti.
Qui nelle scorse settimane il presidente Obama ha rilanciato il ritorno allatomo garantendo investimenti per 54 miliardi di dollari e iniziando con la costruzione di nuove centrali «ognuna delle quali ha precisato corrisponderà al taglio di 16 milioni di tonnellate di anidride carbonica nellatmosfera e alla riduzione di 3,5 milioni di auto sulle strade». Ma negli Stati Uniti si guarda in parallelo con sempre maggior interesse alle piccole centrali nucleari lultima delle quali, in progetto da parte di Babcock & Wilcox, sta per raggiungere la Nuclear Regulatory Commission da cui ottenere lautorizzazione. Tre grandi società energetiche ne hanno già richiesto linstallazione prevista entro il 2018 e altre quattro sono in trattative. Limpianto mPower, come è chiamato, raffreddato ad acqua, ha una potenza di 140 Megawatt, cioè circa dieci volte minore delle centrali tradizionali a cui si fa ricorso. «Vediamo significativi benefici dalla nuova tecnologia modulare», dichiara sul Wall Street Journal Donald Moul, vice presidente di First Energy, una delle società acquirenti. Infatti la centrale prevede laggiunta di ulteriori reattori a seconda delle necessità. Numerosi sono i vantaggi indicati. Oltre al fatto di essere del tutto interrata, ha minori parti in movimento, viene installata già completa e al suo interno è previsto lo stoccaggio delle scorie per i 60 anni previsti di funzionamento. Inoltre, essendo la potenza ridotta, non richiede la collocazione su grandi corsi dacqua.
Ma cè un altro elemento che gioca a favore. È linvestimento necessario più ridotto: mPower costa 750 milioni di dollari rispetto ai 5-10 miliardi necessari per una centrale consueta e che possono generare preoccupazioni negli investitori. «Inizialmente ero scettico per una perdita di economia di scala nota Jack Baker, alla guida di Energy Northwest ma mi sono convertito analizzando i costi perché i piccoli impianti richiedono meno cemento, ferro e sono più semplici». Dallaltra parte cè chi sostiene che una proliferazione di piccoli impianti possa aumentare il rischio di contaminazione in caso di incidente e accrescere lallarme terrorismo in aree abitate. Le nuove centrali «mini» escono, sia negli Stati Uniti che in Russia, soprattutto dallesperienza maturata con i piccoli reattori costruiti per le navi, i sottomarini e i rompighiaccio. Fino a epoche recenti lInternational Atomic Energy Agency (Iaea) considerava il limite di questa categoria a 300 Megawatt, ma ora si è saliti a 500. In questo ambito ricade, dunque, anche il progetto ormai completato del reattore Iris (335 Megawatt) nato da una collaborazione internazionale guidata dallamericana Westinghouse assieme al Mit e ad altri centri di ricerca statunitensi, ma con una forte presenza italiana (il 30 per cento). Varie università (da Pisa a Torino), lEnea e numerose industrie sono coinvolte, il tutto coordinato dal Politecnico di Milano. In Estonia, la società elettrica Eesti che ha partecipato allo sviluppo ne ha già programmato linstallazione per il 2015. «Il programma è partito nel 1999», precisa il professor Carlo Lombardi del Politecnico milanese che ha guidato loperazione in Italia.
Il reattore è ad acqua pressurizzata e offre una serie di vantaggi a partire da una maggiore sicurezza perché utilizza una ridotta quantità di materiale fissile e perché tutti gli impianti sono più semplici e interni al contenitore. Tra laltro, nelloccasione, si superò grazie allEnea anche laspetto del rischio sismico dotando il reattore di una piattaforma di base con ammortizzatori». I finanziamenti per il progetto, nella sostanza un piano di ricerca innovativo, provenivano da risorse interne o dal ministero delle Attività produttive, e ognuno è proprietario di ciò che ha realizzato. Ora lintero gruppo dei 25 partner di dieci nazioni, soprattutto industriali, è alle prese con la suddivisione delle percentuali di lavoro per la produzione. Tra le società cè anche il colosso francese Areva, anche se a Parigi si sostiene maggiormente la soluzione delle grandi centrali. «Ci possono essere diverse logiche nelle scelte energetiche da compiere precisa il professor Lombardi . Tuttavia nel rilancio del nucleare non sarebbe sbagliato che lItalia andasse anche nella direzione delle piccole centrali».
Giovanni Caprara
18 marzo 2010